Alfabeti della spuma







Ah! Quante cose perdute

che perdute non erano.

Tutte le serbavi tu.

Minuti grani di tempo,

che portò via un giorno il vento.

Alfabeti nella spuma,

che un giorno il mare travolse.

Io li credevo perduti.

E perdute le nubi

che pretendevo fermare

nel cielo

fissandole con occhiate.

E l’allegria alta

dell’amore, e l’angoscia

di non amare abbastanza,

e l’ansia

di amare, di amarti, di più.

Tutto perduto, tutto

nell’essere stato un tempo,

nel non esistere più.

E allora tu sei venuta

dal buio, radiosa

di giovane pazienza profonda,

agile, perché non pesava

sui tuoi fianchi snelli,

sulle tue spalle nude,

il passato che tu,

così giovane, portavi per me.

Ti guardavo alla luce dei baci

vergini che mi hai dato,

e tempi e spume

e nubi e amori perduti

furono salvi.

Se da me fuggirono un giorno,

non fu per morire

nel nulla.

In te continuavano a vivere.

Ciò che io chiamavo oblio

eri tu.

Pedro Salinas, da La voce a te dovuta, Einaudi, Torino 1979


Scelta da  Maria D.

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